di Arturo Rossato
Con foto bianco/nero
pp. 165, cm. 15 x cm. 21
Prezzo di copertina: € 16,00
Data di pubblicazione, Storo 2005
Fra l’autunno del 1916 e l’inizio del 1917, fra i tanti soldati italiani infreddoliti, baldanzosi o impauriti che si aggiravano sul fronte delle Giudicarie, fra le linee fortificate che fronteggiavano un confine nemico (cioè austroungarico) subito arretrato, si aggirava anche uno scrittore di vaglia: un 34enne giornalista del mussoliniano "Popolo d’Italia" partito volontario ma ben presto disorientato dal caos, dalle diserzioni, dalle feroci repressioni carabinieresche, dalla distanza fra la guerra "sola igiene del mondo" vagheggiata e quella fatta di sudore, pidocchi, attese e scoppi di furore.
Quel giornalista era il vicentino Arturo Rossato e il diario-romanzo in cui racconterà le proprie amare esperienze, inclusa una detenzione a Palmanova per aver preso a pugni un soldato che angariava i commilitoni, si intitola sarcasticamente "L’elmo di Scipio.
Del romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1919 e miracolosamente riedito nel 1934, s’era persa memoria ma l’infaticabile opera di scandaglio di Giancarlo Melzani della Pro loco di Anfo, ha portato alla scoperta di questa opera a un’asta telematica di libri. Un’opera interessante per la popolazione della Valle Sabbia dato che Rossato dissemina, nella prima parte del romanzo, tanti riferimenti topografici e descrizioni ambientali dell’Eridio: dal forte dell’Ora alla Rocca d’Anfo, passando per il cippo (tuttora superstite) che ricorda la morte nel 1859 di tal Gerolamo Bonardelli nei pressi di Anfo, fino ad alcuni episodi sulle montagne di Storo e Condino."L’elmo di Scipio", oltre all’interesse per la descrizione delle località della Valle Sabbia e della Valle del Chiese, è testo di valore letterario ed esistenziale. Rossato scruta le proprie attese e i propri ideali di fronte alla guerra, mescola un minimalismo quasi crepuscolare a fiammate futuriste, si sgomenta nel caos delle retrovie dove «arrivano compagnie nuove, partono vecchi plotoni spolpati». Il volontario sperimenta l’angoscia davanti alle tante esecuzioni di renitenti, alla morte di un nemico, all’occhiuta burocrazia militare che - codice alla mano - calpesta vite e valori, umilia slanci ed eroismi.
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